
SALA 10 - Papa PIO VI°
Sala espositiva dedicata a Papa PIO VI° .
Durante il suo viaggio a Venezia, svoltosi tra il 15 e il 18 maggio 1782, di ritorno da Vienna, Pio VI° passa per Malcontenta e, presso l'Isola di San Giorgio in Alga, incontrò il Doge Paolo Renier.

Il viaggio per acqua da Padova a Venezia è facile , e dilettevole . L'amenità, e la verdura delle campagne intersecata di passo in passo da deliziosi giardini, e da superbi palazzi, accorciano per così dire il viaggio, col dilettare perpetuamente con vaghi oggetti la vista . Alla Mira si congedò il Rappresentante, per non oltrepassare le frontiere della sua provincia [patavina] . Frattanto il Doge Renier co' suoi Consiglieri , i Capi della Quarantia Criminale, i Savj, che formano ciò che si chiama il Collegio o Serenissima Signoria , e rappresentano la Repubblica, si erano staccati da Venezia per andar incontro al Santo Padre . Le barche seguivano a migliaja. A mezzodì si vider serrate tutte le botteghe della città , ch' era tutta in movimento . Si fermò il Doge coll' Eccellentissimo Collegio all'isoletta di S. Giorgio d' Alega , situata sulla sponda di quel vasto , e profondo canale , che da Fusina conduce a Venezia , e vi scese per aspettarvi Sua Santità. Alcuni spari , fatti nel momento del suo arrivo nell'isola, furono creduti in Venezia i segnali dell' avvicinamento del Sommo Pontefice , e ad un tratto tutte le campane della città fur suonate alla distesa. Tutti i Vescovi dello Stato Veneto invitati alla Dominante in quest'occasione, e prima di tutti il Patriarca si avvanzarono fino al Moranzano. Il Papa non arrivò a S. Giorgio, che verso le ore 22. Il Doge Renier vedendolo avvicinarsi s' accostò alla riva per accoglierlo , e complimentarlo . Il Sommo Pontefice lo sostenne nel momento che voleva prostrarsegli , ed insieme con lui entrò ad orare per breve tempo nella Chiesa del Convento di quell' isoletta. Il Serenissimo invitò Sua Santità ad entrare nella barca ducale , che diciam Peattone ; barca molto capace, fregiata d' intagli dorati , e ricoperta di veluto cremisino ; ma pesantissima , e condotta a rimurchio . Vi entrarono con Sua Beatitudine anche Monsignor Patriarca , e i Nunzj Garampi, e Ranucci. Benché l'isola di S. Giorgio non sia due miglia lontana da Venezia il viaggio durò buona pezza per la lentezza delle barche ducali ; ma questa lentezza appunto rese lo spettacolo più grandioso, e più bello.
Il giorno era già finito, allorché il Santo Padre con Sua Serenità , e suo seguito pose piede in terra a quella riva comodamente aggiustata per tal oggetto . Il Convento era già tutto illuminato . Ventiquattro livree colle torcie lo scortarono all' appartamento , dove congedossi il Doge Renier, e il Collegio per ritornarsene a palazzo. La cena non fu a lungo diferita , e fu sontuosamente imbandita. La mattina seguente non tardò il Senato a portarsi in corpo a far visita , e complimentare Sua Santità . Entrò il Doge , coi Proccuratori di S. Marco , i Cavalieri della Stola d' oro , il Collegio, le Presidenze, e tutto il Corpo del Senato nella gran Sala d' udienza . V' era il Pontefice assiso in trono di veluto cremisino guernito d'oro , a cui si ascendeva per sette gradini coperti d' uno strato di simil veluto, con fregi d'oro. Il Doge Paolo Renier si avanzò a piè del trono , e indirizzò a Sua Santità qualche parola di complimento a nome della Repubblica , che fu accolto dal Santo Padre con soavi , e gentilissime espressioni . Il Papa , e il Doge si posero a sedere accanto 1′ uno all' altro , stando la sedia dì Sua Serenità alquanto obliquamente collocata , e si trattennero per quasi un' ora in offizioso colloquio . La presenza del Sommo Pontefice , la maestà del Senato , e del Doge coll' insegne del Principato, ventidue Vescovi dello Stato Veneto, ed altri Soggetti riguardevolissimi , formavano un' augusta assemblea . Gli occhi d'ognuno eran fisi in Pio VI. Spira dal suo viso la grandezza d' un animo nobile , la pietà , e certi tratti che annunziano in lui un cuor sensibile , e uno spirito pronto. Alla sua naturale avvenenza gran risalto dava l'abito ch' egli portava . Aveva i capelli decentemente innanellati , ed in capo un bianco berrettino , una purpurea mantellina sulle spalle , sottoveste bianca , calze di seta bianche , e scarpe di velluto rosso segnate dì croce bianca . Tal suo vestito sembrava mostrar assai bene in lui il suo carattere di Sommo Sacerdote del Dio della Pace . Terminata la visita di complimento discese Sua Santità col Doge , e preceduti dal Patriarca , dai Vescovi , e dal Clero della Basilica di S. Marco , venuto in piviali a far omaggio a Sua Santità, entrarono nella Chiesa de' SS. Giovanni e Paolo . La nave di mezzo di questa Chiesa era stata separata con tre steccati . Il Papa col Doge , e il Senato occuparono il primo . I Patrizj in toga nera empivano il secondo ; e nel terzo stavan le Dame . L'ingresso in questi due steccati non fu permesso che alla Nobiltà nazionale e forestiera . Le persone di minor rango e gli ecclesiastici furon ammessi nelle altre due navi laterali . All'entrar del Pontefice si udì cantare dai Musici l' Ecce Sacerdos magnus . Giunto all' Altar maggiore fu intuonato dal Patriarca il Te Deum , che venne cantato dalla Cappella Ducale . La musica fu strepitosa, ed eccellente , diretta dal Buranello [Baldassarre Galuppi], e accompagnata da 100 strumenti . Tutta questa truppa di Musici , e Suonatori era disposta in due artefatte cantorìe di mirabil invenzione , eseguite con impareggiabile maestria in pochi giorni , e ornate riccamente di nobilissimi fregj . I spari furono continui , finché durò la funzione . Ritornato Sua Santità in Convento , si congedò il Doge Renier e il Senato . Ammise poscia il Santo Padre all' udienza il Corpo Diplomatico residente presso la Repubblica , e tutti i Cavalieri e Prelati forestieri. Alle ore 18 diede al popolo, che empiva la corte del Convento , 1′ Appostolica Benedizione da una loggia del Chiostro , formatavi per tal oggetto . La replicò verso sera , non avendo voluto uscir di Convento quel giorno , come dapprincipio si era proposto di fare . Si traspirò che i dispacci recatigli da suoi Stati aveano più dell' ordinario occupato il Santo Padre . I più curiosi parlarono anche di certe novità , che il fatto provò non essere d' alcuna conseguenza . Al cominciar della sera vi fu baciamano nella gran Sala d' udienza per tutto il Corpo Aristocratico . Si calcolò che 700 Patrizj vestiti in toga nera vi concorressero quella sera , oltre molt' altra Nobiltà forestiera . Alle 3 ore Sua Santità si ritirò nelle sue stanze.

PIO VI. P. O. M. Religiosa peregrinatione confecta AEdem hanc Perhumaniter invisenti Sodalitium ad gratiam beneficii Ad AETERNAM POSTERITATIS MEMORIAM P. Anno MDCCLXXXII.

Il popolo che vi era accorso ricevette per l' ultima volta la pontificia benedizione. Sua Santità montò nella sua carrozza : la precedevano i Dragoni a cavallo, e i Corrieri della Serenissima Repubblica. La seguivano l'altre carrozze dei due Deputati, e del seguito. Con tal corteggio arrivò al Portello, porta di Padova per cui entrò verso notte , e vide passando tutta quella lunghissima strada , che conduce a Santa Giustina illuminata con cera . Il Pra della Valle era di nuovo illuminato anch' esso con tre ordini di lumiere nel circo della Fiera, e con tre macchine di fuochi all' Inglese . Alla porta si unirono al seguito di Sua Santità più di 200 carrozze, che l'accompagnarono fino all'alloggio. S. E. Rappresentante, e il P. Abate lo ricevettero, e lo condussero al suo appartamento. Prima di cenare Sua Santità ammise al bacio della mano alquante persone di condizione . Il trattamento fatto preparare da S.E. Rappresentante fu al solito grandioso, e lautissimo. Vi furono a tavola separata 54 Prelati, o Nobili . Quattrocento persone alloggiarono quella notte nel Monastero. La Chiesa, e la facciata furono illuminate a spese de' Monaci. A sì replicate dimostrazioni di generosi sentimenti , e di divozione fu molto sensibile 1′ animo grande di Pio VI, e ne dimostrò speciale aggradimento. La mattina seguente diede distinti contrassegni di benevolenza a S. E. Cavaliere Rappresentante , cui dopo aver udita la Messa in Santa Giustina , e data al Popolo la benedizione , baciò in fronte , e regalò di ricca corona da Cavaliere. Non obbliò la Dama Sposa di S. E. la Nobil Donna Polissena Contarini Mocenigo , ch' ebbe da Sua Beatitudine in regalo altra corona d' agata , con medaglia d' oro : ma dell' oro più preziose furono per loro Eccellenze le affettuose parole , che lor diresse Sua Santità. Alle 13 il Santo Padre era già in viaggio di nuovo , dirigendo la sua marcia a Ferrara per la via di Conselve e d' Anguillara . Al passo del Canal bianco trovò un rinfresco fattogli preparare da S. E. Rappresentante . A Rovigo fu ricevuto e complimentato da S. E. Marco Moro Podestà , e Capitanio del Polesine , e da Monsignor Vescovo d' Adria , Residente in quella città . Di là proseguì il suo viaggio verso Ferrara . I due Deputati della Serenissima Repubblica , che accompagnato 1′ avevano dappertutto si congedarono da Sua Santità a Canaro, luogo di confine col Ferrarese . Passò il Po io stesso giorno , ed arrivò felicemente ne' suoi Stati settantadue giorni dopo che n' era uscito , e ottantatre dacché avea lasciata Roma . Quale sia stato il frutto di questo viaggio straordinario , e 1′ esito de' colloquj di Pio VI con Giuseppe II , il tempo solo potrà dimostrarlo .

RICORDIAMO CHE: Gian Angelo Braschi salì al soglio di Pietro nel 1775, dopo la morte di Clemente XIV scegliendo il nome di Pio VI. Egli a seguito della Rivoluzione Francese, si rifiutò di riconoscere i moti parigini, difatti quando ai sacerdoti fu richiesto un giuramento di fedeltà al regime, il papa condannò come scismatica la Costituzione. Le relazioni diplomatiche furono interrotte e la chiesa francese fu profondamente divisa. Il 15 febbraio 1798 il generale Berthier entrò in Roma, proclamò la repubblica romana e, deposto il pontefice (considerato come un capo di stato), lo costrinse a ritirarsi in Toscana. L'esilio del Papa cominciò nel permanere alcuni mesi a Siena, presso gli agostiniani, ma poi fu trasferito nella certosa di Firenze. II primo giorno di giugno del 1798, alle ore 7 partì da Siena per giungere in certosa alle ore 16, dove fu accolto con gran calore ed affetto dalla comunità monastica. Fu ospitato nella foresteria, composta da tre grandi ambienti, oggi detti anche "Appartamento del Papa" in ricordo del pontefice che vi soggiornò in reclusione. Vi si trovano una grande sala, uno studio e una camera da letto, con numerose opere d'arte e oggetti appartenuti a Pio VI. Durante tutto il periodo che egli stette alla certosa, non uscì mai da quel luogo, nel quale non si dava accesso nè ai fiorentini, nè ai forestieri. La sua residenza fu guardata a vista da due commissari francesi. Ebbe rari incontri. Nel frattempo le sue condizioni di salute peggioravano, difatti la sua paralisi faceva spaventosi progressi, ed egli soffriva moltissimo specialmente a motivo di dolorose vesciche sulla cute. La sua infermità divenne severa al punto che Pio VI perse l'uso delle gambe e non fu più in grado di reggersi in piedi. Sua Santità non potè più aver la consolazione tanto grande di celebrare la S. Messa. L'ascoltava nondimeno ogni giorno, e di tanto in tanto si comunicava alla Comunione del celebrante. Nella mattina del dì 27 marzo, dopo nove mesi e 28 giorni di reclusione, trascorsi in certosa il General Gaultier e il Ministro Rheinard, che avevano assunto il supremo comando della Toscana, si presentarono al Pontefice per notificargli gli ordini ricevuti. Gli agenti francesi, incuranti della salute cagionevole del Papa gli ordinarono bruscamente di lasciare la certosa, per condurlo a dormire fuori Firenze in un albergo, l'indomani lo si fece partire prima dei giorno. Fu scortato da 200 soldati che lo trasferirono, con un estenuante viaggio, attraverso Torino e fu costretto ad attraversare le Alpi lungo sentieri innevati, giungendo a Briançon e poi a Valence. Pio VI morì prigioniero nella cittadella di Valence il 29 agosto 1799.